Gistel ’11 – “Jolijn, ik ben geen boom, hoor!”

Il viaggio d’andata è stato rallegrato dagli olandesotti, vero, ma non è successo niente di particolare. L’aereo è arrivato addirittura con 20 minuti d’anticipo sulla tabella di marcia. Recuperato il borsone, sono uscito dalla zona arrivi e ho incontrato Veronique. Piuttosto alta, mora, giovanissima e di bianco vestita, mi ha accolto e accompagnato alla macchina. E così abbiamo percorso circa 120 km, parlando di sport, università, cucina e musica, senza che si creasse neanche per una volta quel silenzio imbarazzato che si crea quando a viaggiare sono persone che si conoscono poco o nulla. Parla un olandese estremamente comprensibile, l’accento fiammingo c’è ma non è troppo marcato. Una volta a casa, l’incontro con Pieter (lui sì che ogni tanto per me è incomprensibile) e i bimbi. Il maschio, Korneel, 3 anni a ottobre, e le femmine: Jolijn (4) e Marlies (6). Avevo un asso nella manica, me lo sono giocato subito: per rompere il ghiaccio, un tubetto di bolle di sapone a testa. Tutti fuori in giardino a giocare: loro a soffiare, io a correre qua e là per scoppiare le bolle. Le prime risate, che bella sensazione. Mi hanno perfino aiutato a sistemare la roba in camera. Poi sì, c’è voluto un po’ di tempo per impedire loro di entrare in camera e tuffarsi sul mio letto subito dopo la doccia, ma in qualche modo ne sono uscito.
Questi sono gli ultimi giorni in cui i genitori sono a casa in ferie, da lunedì riprendono a lavorare. In teoria, quindi, non sarei “in servizio”. Ma ho già cercato di capire le richieste di quelle tre schegge bionde impazzite, e di imparare quanto essere permissivo e quanto stronzo. Ieri c’è stata la prima esperienza di babysitting vero e proprio, in quanto Veronique e Pieter sono andati a fare compere (dopo le quali ho imparato che bh è il termine olandese per reggiseno, in forma estesa borstenhouder). Me and the children.
È andata meglio del previsto, dato che dopo un po’ di tennis a 4 (quanto ho sudato freddo ogni volta che uno dei bambini colpiva le pareti o l’asfalto con le amate racchette di Veronique…) ci siamo sbragati tutti in salotto a vedere Pippi Calzelunghe (l’originale, non il cartone). Jolijn ogni tanto controllava che non mi stessi addormentando. Il metodo era discutibile: mi si arrampicava addosso. La frase del giorno: “Jolijn, lo sai che non sono un albero”. Ma lei rideva e continuava a tuffarsi di qua e di là. Che matta.
Forse è ancora presto per cercare di inquadrarli, ma forse lei è quella con cui mi intendo di più. Korneel è l’imprevedibilità fatta (mini)persona. Ieri a pranzo ha pianto e urlato per mezz’ora. Pieter aveva mal d’orecchi, ma non riusciva a fermarlo in alcun modo. Dopo il suo assolo, Veronique gli ha messo lì uno dei succhi comprati in mattinata. Silenzio totale. Un altro mondo.
Korneel è anche imprevedibile in quanto non capisco praticamente niente di quello che dice. Veronique mi ha detto di mettermi l’anima in pace, in quanto anche lei ha spesso difficoltà a interpretarlo. Nemmeno Canuto riuscirebbe a fargli la simultanea.
Jolijn è molto più comprensibile, ma ovviamente non sempre riesco a capirla. Mi ha perfino prestato una sveglia coi coniglietti (anche il giorno dopo non l’ho più trovata: avranno fatto intrusione in camera mia e se la saranno portata via). Ormai, come già detto, mi ha preso per un albero e non c’è verso di farle cambiare idea. Ieri si è praticamente sdraiata su di me per vedere la tv. Tenera, lei.
Marlies è la più grande, e forse quella con cui ho avuto meno a che fare finora. Solo ieri abbiamo giocato a tennis assieme, anche perché era l’unica in grado di tenere in mano in modo decente la racchetta: Jolijn e Korneel si sono stancati presto e hanno iniziato a fare i raccattapalle.
Sembra incazzarsi quando non capisco quello che dice. Prima o poi inizierò a parlarle in bergamasco, per poi chiederle: “Ma come?! Non capisci?!”. Però nessun problema particolare nemmeno con lei.
L’unico problema vero e proprio che c’è finora è questo: quando uno dei tre inizia a piangere (vuoi per una caduta, una botta, un litigio), non riesco a farli smettere. Proprio, rifiutano il mio intervento. O mi respingono, o non mi considerano. È normale che cerchino sempre mamma e papò, ovvio, ma da domani mamma e papà saranno al lavoro. Spero che lo capiscano con il passare dei giorni.
Per il resto, cosa dire? Se escludiamo i 1o km di corsa a cui mi sono sottoposto stamattina (Veronique vuole partecipare alla maratona di Oostende a ottobre!), non ho ancora avuto la possibilità di fare un giro nei dintorni: la bici è kapot, dovrebbe essere pronta per martedì.
In compenso ho partecipato a una serata barbecue, e questa sera si replica. La combinazione pietanze-bibite non mi ha convinto: patatine e olive (birra), attesa per la carne (birra), carne (birra), attesa del secondo giro (Coca), secondo giro (birra), pausa digestione (caffè), dolce (birra). Per la gioia della Vale, direi che ci stiamo avvicinando al glorioso mix birra e biscotti di Annie.
In attesa della serata, meglio dormire un po’: domani si fa sul serio.

(continua)

Divano, tv e.. sonno.

11 pensieri riguardo “Gistel ’11 – “Jolijn, ik ben geen boom, hoor!”

    1. Secondo logica dovrei proporre testi stranieri inediti alle case editrici italiane (piccole e medie) e provare a guadagnarmi da vivere come traduttore. Proprio in questi giorni sto aspettando che Iperborea risponda alla mia prova di traduzione (dall’olandese, per l’appunto).
      La mia ragazza è messa meglio di me, ma è anche vero che non ci vuole molto! 🙂

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