CLIC (Consigli Letterari Indubbiamente Contestabili) II

Giuro che mi ero detto: quest’anno niente propositi. Niente tabelle di marcia, destinate, già dal momento della creazione, a sfaldarsi implacabili come delicati castelli di carte in una giornata di bora anche solo moderata.

Va anche detto che ci sono stati gli esami. E che in fondo a febbraio ho dovuto sorbirmi tre tomi scritti da irriverenti pionieri della scienza della traduzione; personaggi che fuori dall’elitario ambito semiotico e traduttologico – e quindi, per il 99,9% della popolazione mondiale – sono soltanto dei pazzi fulminati. Resta il fatto che ridendo e scherzando 500 pagine teoricamente destinate a più gai libercoli sono volate via col vento (e anche la foto sul documento / non mi rassomiglia più).

Va anche detto che si sono tenute le Olimpiadi di Sochi, che in qualità di evento sportivo a cadenza quadriennale hanno avuto la precedenza su pressoché tutto il resto.

Va anche detto che sono pure stato a Firenze qualche giorno, e in una città con una media di 3,2 edifici di notevole interesse culturale/m², il tempo per la lettura viene a scarseggiare.

Insomma, in poche parole c’è stato tempo per soli due dei quattro libri previsti per febbraio. Ma almeno sono belli.

#05
Cosa: The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy
Chi: Douglas Adams
Quando: 1979
Come: inglese
Perché: perché è ancora attualissimo dopo 35 anni; perché se si può avere un libro preferito, be’, ecco, direi che ci siamo; perché a mio avviso è ampiamente sottovalutato; perché rileggerlo una volta all’anno fa sempre bene; perché è un capolavoro.
E in Italia? Guida galattica per gli autostoppisti (Mondadori, 1999, trad. di Laura Serra)
Sunto: Arthur Dent, cittadino inglese qualunque, si alza una mattina e scopre che un esercito di bulldozer si appresta a demolirgli la casa. Subito dopo, un amico un po’ strambo gli comunica che la Terra sta per essere distrutta. I due vanno al pub più vicino e si bevono tre pinte di birra a testa. Avete letto con attenzione? Bene: questa è la sequenza logica più sensata che troverete in tutto il libro, un esplosivo condensato di fantascienza, comicità e assoluto nonsense.
Bonus: posso dire “TUTTO”? No? Allora mi limito a citare: la satira sparsa ovunque; il delirante intervento dei filosofi; la rivalutazione di topi e delfini; Marvin, il robot con tendenze suicide; l’irraggiungibile talento poetico dei Vogon. Ah, e nel libro troverete anche la risposta alla Domanda Fondamentale sulla Vita, l’Universo e Tutto Quanto. E scusate se è poco.
Malus: secondo me i quattro volumi successivi non sono al livello del primo. Ma questo è un difetto dell’autore, non della Guida. E con ogni probabilità la lettura non vi cambierà la vita. Ma anche qui, non è che uno si mette a scrivere un romanzo solo perché vuole cambiare la vita a chi lo leggerà. C’è anche chi scrive per offrire ai lettori una sana dose di umorismo intelligente, e in un Paese convinto che Checco Zalone faccia ridere, non è un aspetto da poco.
Supercit.:

One of the things Ford Prefect had always found hardest to understand about human beings was their habit of continually stating and repeating the obvious, as in “It’s a nice day”, or “You’re very tall”, or “Oh dear you seem to have fallen down a thirty-foot well, are you alright?”. At first Ford had formed a theory to account for this strange behaviour. If human beings don’t keep exercising their lips, he thought, their mouths probably seize up. After a few months’ consideration and observation he abandoned this theory in favour of a new one. If they don’t keep on exercising their lips, he thought, their brains start working. After a while he abandoned this one as well as being obstructively cynical and decided he quite liked human beings after all, but he always remained desperately worried about the terrible number of things they didn’t know about.

Consigliato a:  tutte le persone dotate di un senso dell’umorismo degno di tal nome.
Curiosità: in una battuta di dialogo Zaphod, uno dei protagonisti, definisce Marvin un “Paranoid Android”. Se conoscete i Radiohead, vi basterà fare due più due.

#06Cosa: High Fidelity
Chi: Nick Hornby
Quando: 1995
Come: inglese
Perché: perché era da Fever Pitch, letto anni fa, che mi ripromettevo di leggere il libro più conosciuto del buon Nick, e finalmente ce l’ho fatta.
E in Italia? Altà fedeltà (Guenda, 1999, trad. di Laura Noulian)
Sunto: I gusti musicali possono essere davvero una discriminante al momento di scegliere la persona con cui condividere il bagno, le bollette e, fondamentalmente, la vita? Rob Fleming, proprietario 35enne di un negozio di vinili a Londra, non ne sembra convinto, e per di più la fine della relazione con la fidanzata storica porta il suo livello di insicurezza, paranoia e egocentrismo a oltre 9000, roba che neanche Vegeta e il suo schermino verde avrebbero retto. C’è lui, c’è lei, c’è l’altro, c’è l’altra, ci sono gli amici, ma soprattutto c’è la musica, filo conduttore del romanzo.
Bonus:

  1. il fetish di Rob per le liste dei “top 5”, applicabili a qualsiasi argomento;
  2. l’ironia a palate;
  3. la verosimiglianza con cui Hornby tratteggia le seghe mentali dell’individuo maschile medio di fine XX secolo;
  4. le millemila citazioni musicali di livello, roba che tra le band da eliminare dalla faccia del pianeta compaiono gli U2 (Nick caro, vieni in Italia che ti presento Laura Pausini, Fedez e Gigi d’Alessio);
  5. l’onnipresenza dell’aggettivo bloody, che adoro.

Malus: in alcuni casi Rob compie scelte talmente stupide che ti viene da dubitare del realismo del suo personaggio. In certe pagine Robert Fleming mi è stato veramente sul cazzo. Era questo l’obbiettivo di Hornby? Nessun problema. Però alcune mosse del protagonista, dettate da un egoismo ed egocentrismo stellari, paiono troppo forzate.

Supercit.:

I’m happy to be a bloke, I think, but sometimes I’m not happy being a bloke in the late-twentieth century. Sometimes I’d rather be my dad. He never had to worry about delivering the goods, because he never knew that there were any goods to deliver; he never had to worry about how he ranked in my mother’s all-time hot one hundred, because he was first and last on the list. Wouldn’t it be great if you could talk about this sort of thing to your father?  One day, maybe, I’ll try. ‘Dad, did you ever have to worry about the female orgasm in either its clitoral or its (possibly mythical) vaginal form? Do you, in fact, know what the female orgasm is? What about the G-spot? What did ‘good in bed’ mean in 1955, if it meant anything at all? When was oral sex imported to Britain? Do you envy me my sex life, or does it all look like terribly hard work to you? Did you ever fret about how long you could keep going for, or didn’t you think about that sort of thing then? Aren’t you glad that you’ve never had to buy vegetarian cookery books as the first small step on the road to getting inside someone’s knickers? Aren’t you glad that you’ve never had the ‘You might be right-on but do you clean the toilet?’ conversation? Aren’t you relieved that you’ve been spared the perils of childbirth that all modern men have to face?’.

Consigliato a: gli esperti di musica, che troveranno chicche di valore indiscusso; i non esperti di musica, che si faranno una discreta cultura cercando anche solo un quarto dei brani citati nel testo.
Curiosità: nella lista dei cinque libri preferiti, Rob cita proprio The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy di Douglas Adams.

[PeeterTorop direbbe che si tratta di una citazione intertestuale che in questo blog si fa anche metatestuale, il che ci conduce alla calzante e invero innovativa definizione di metaintertestualità.

La semiotica fa male, sempre detto io].