CLIC (Consigli Letterari Indubbiamente Contestabili) – XI

Nonostante sia stata presa la solenne decisione di dedicare ai libri le ore di passione trascorse a bordo degli scricchiolanti, stridenti e stordenti convogli Trenord, nei ventotto giorni di febbraio è stata completata la lettura di un solo volume. Mica un volume qualsiasi, però.

#05

Cosa: Il Maestro e Margherita
Chi: Michail Afanas’evič Bulgakov
Quando: 1939 – ma pubblicato per la prima volta in edizione completa solo nel 1969
Come: italiano (Mondadori, 1995, traduzione di M. S. Prina)
Perché: ogni tanto capita che un libro, del tutto ignorato fino a un dato momento, cominci ad apparirti davanti agli occhi in ogni forma possibile e immaginabile – in libreria, sul web, tra amici. È il libro che sceglie te, e non viceversa, e tu puoi solo piegarti al suo volere.
E l’originale? Мастер и Маргарита
Sunto: due esponenti dell’élite letteraria russa discettano dell’esistenza di Dio mentre camminano nella Mosca del primo dopoguerra. Alla conversazione si unisce quindi un terzo personaggio, apparso dal nulla e a prima vista piuttosto stravagante, tale Woland, il quale ridendo e scherzando predice la morte per decapitazione di Berlioz, uno dei due letterati. Berlioz è scettico, scettico e strafottente, del tipo “sì sì, certo, come no!”, eppure cinque minuti dopo la sua testa rotola inerte sull’asfalto moscovita, mozzata dalle ruote di un tram. È l’inizio – grottesco, disarmante, spettacolare – di un’incredibile serie di eventi, quasi tutti causati da Woland (che non è uno strambo qualunque, ma Satana in persona) e dai suoi bizzarri compagnoni. Ma c’è anche un secondo piano narrativo, il cui protagonista è Ponzio Pilato, procuratore di Giudea. E c’è pure la vicenda del Maestro e di Margherita, i personaggi che danno il titolo al libro. Insomma: un’opera ricchissima, cui nessun sunto balordo potrà mai rendere giustizia.
Bonus: posso dire TUTTO? No? Allora scelgo Behemot, che nel corso del libro è diventato un idolo indiscusso: un enorme gatto nero dalla fine eloquenza, capace, tra le varie cose, di camminare sulle zampe posteriori e maneggiare senza problemi una pistola. Vivace e malizioso, ora distaccato ora irascibile, nella mia mente perversa ha assunto le sembianze del felino in copertina sull’ultima edizione Feltrinelli dell’opera, ma con la voce del doppiatore italiano di Doraemon, solo più maligna.
Malus: non ne ho trovati. Se per voi ce ne sono, vi ascolto e ne parliamo. Si può questionare invece la qualità della traduzione, che in diversi punti risulta datata, ma in fin dei conti in libreria si trovano edizioni più recenti e – almeno sotto questo punto di vista – migliori.
Supercit.:

“Dovrai fartene una ragione,” ribatté Woland, e un sorriso di scherno gli torse la bocca. “Non hai fatto in tempo a comparire sul tetto, che già hai commesso uno sciocco errore, e ti dirò qual è: l’intonazione della tua voce. Hai pronunciato le tue parole come se non riconoscessi l’esistenza delle ombre, e nemmeno del male. Non vuoi invece essere così buono da riflettere sulla questione: che cosa avrebbe fatto il tuo bene se non fosse esistito il male, e che aspetto avrebbe la terra se da lei scomparissero le ombre? Sono le cose e le persone che generano le ombre. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono anche le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Non vorrai forse scorticare l’intera sfera terrestre, strappandole di dosso tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo, per la tua fantasia di abbandonarti al godimento della nuda luce? Sei stupido.”

Consigliato a: un po’ a tutti, perché è un romanzo che contiene mille e uno generi, ma in particolare a chi si è scontrato con la letteratura russa e ne è uscito sconfitto (perché Dosotevskij è un figo, ma Bulgakov è un figo che si fa leggere più facilmente), alle bestie di Satana e ai fan di Doraemon disposti a vedere il loro beniamino in chiave meno gioiosa.
Curiosità: ne Il Maestro e Margherita c’è spazio per tutto, anche per l’autobiografismo – Bulgakov stesso, come il Maestro del libro, aveva dato alle fiamme la prima edizione del romanzo. Ma, come dice Woland, «i manoscritti non bruciano». E se lo dice lui, non so voi, ma io mi fido.